PROSTITUZIONE : VECCHIA E NUOVA SCHIAVITU’
In settimana a Roma per lavoro, mi sono di nuovo imbattuto sull’antico dibattito intorno alla prostituzione, con la proposta di un quartiere a “luci rosse” del sindaco Marino ( come se nelle nostre città non ne avessimo già molti di tali quartieri) subito ripresa dai colleghi di partito di Milano.
Si vuole dare forma legale, zonizzare, per togliere dai nostri gentili e borghesi perbenisti occhi il commercio del sesso, che va bene lasciar praticare, ma non è bello da vedersi sotto le nostre finestre ( che poi l’immobile si deprezza). Che grande ipocrisia..
E allora obblighiamo le prostitute ad accettare la “segregazione” in luoghi prestabiliti ed il problema sarà risolto, per non parlare della possibilità da parte dello stato dei comuni di guadagnarci con tasse, offerta di servizi e condom a prezzi da saldo.
“Ma quanti sanno che ormai non si tratta più di donne adulte e libere che vendono autonomamente il proprio corpo, cosa lecita nel nostro Paese, ma sempre più di donne soggette a tratte internazionali, nuove schiave che vengono trattate peggio degli animali da macello? Dal 70 all’ 80% delle prostitute, secondo le stime dell’Onu, ormai sono straniere in Europa. E quasi la totalità di queste straniere sono private dei passaporti, rese clandestine e senza diritti, proprietà di commercianti di carne umana che le comprano come merce da sfruttare e pretendono di farsi ripagare il prezzo dell’acquisto e del trasporto, aumentato del trecento per cento, dall’attività sessuale forzata e dai ritmi feroci degli accoppiamenti di strada. Un commercio che rende ai trafficanti milioni e milioni di euro, diretto e condotto da varie mafie: quella italiana, in congiunzione con quella nigeriana, rumena,cinese,serba, ecc. Un traffico che gode della complicità, come dice suor Eugenia Bonetti, «di dipendenti e funzionari di ambasciate, uffici di immigrazione, aeroporti, agenzie di viaggio, proprietari di appartamenti, alberghi e tassisti».
Spostare questo commercio in una specie di quartiere a luci rosse, forse può soddisfare qualche cittadino che non vuole essere disturbato, ma non affronta il problema né aiuta a risolverlo. È facile dire che la prostituzione è sempre esistita, che «bisogna abituarsi a conviverci». La legge infatti non la considera illecita. Ma quanti dei 9 milioni di italiani che fanno sesso a pagamento, sanno di essere oggettivamente complici di un traffico di schiave, fatta spesso di minorenni, quasi sempre tenute in soggezione con ricatti in bilico fra la tortura e la minaccia di morte?”
Una domanda ma chi è che descrive così lucidamente il fenomeno ( unitamente a suor Eugenia)?
L’ho scoperto proprio sul treno leggendo il Corriere della sera del 10 febbraio 2015, pagina 18, si tratta di Dacia Maraini, storico esponente del femminismo, scrittrice e compagna di Alberto Moravia, devo dire che so poco dei suoi scritti, ma vi invito alla lettura integrale della pagina che potrete trovare sul sito :
Piuttosto che riassumere credo sia utile chiudere con l’invito alla lettura della chiusura dell’articolo della Maraini, pensiamoci e riflettiamo prima di proporre nuovi recinti per nuove schiavitù legalizzate :
“Senza ricorrere alle manette, che servono poco, sarebbe importante impostare una vasta campagna di informazione sugli ultimi dati del mercato, di cui quasi sempre i bravi frequentatori di prostitute dicono di non sapere niente. Sarebbe urgente anche nelle scuole educare alla cura dei sentimenti, criticando la pratica del consumo, che implica l’usa e getta non solo delle braccia e delle menti di chi lavora in nero, ma anche la mercificazione della parte più intima e sensibile del corpo umano, ovvero il sesso.
«Abbiamo bisogno di cambiare la cultura» — insiste Eugenia Bonetti che dal 2012 dirige la coraggiosa associazione internazionale Slaves no more — «dobbiamo fare di tutto per uscire dalla logica del mercato e promuovere la cultura del rispetto e della responsabilità». Parole che certo papa Francesco condivide. E con lui moltissimi laici responsabili: è necessario recuperare il sentimento di giustizia e di solidarietà, se non vogliamo precipitare nel funesto mondo della violenza e dell’abuso .”
Benedetto Tusa