La Commissione europea ha dato il via libera alla chiusura della procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per deficit eccessivo, comminata dalla UE ben quattro anni fa. L’Italia non è così più soggetta a limiti che bloccano investimenti e iniziative di spesa per lo sviluppo. Ciò significa che già all’inizio del 2014 sarà possibile liberare fondi le cui stime oscillano tra gli 8 e i 12 miliardi. Il vincolo richiesto al nostro Governo è il consolidamento dei conti pubblici, riportando al più presto il debito, oggi al 132, al 60% del PIL.
A inizio settimana, l’Ocse ha valutato al ribasso la stima del PIL del nostro Paese, passando da -1,5% a -1,8% per il 2013, e da +0,5% a +0,4% per il 2014. La ragione di questa contrazione, ha giustificato l’Osservatorio, è attribuita a un basso impatto cumulativo sul PIL 2013-2014 del piano del Governo per pagare i debiti delle pubbliche amministrazioni con le aziende private.
Per poter ripagare una parte del debito accumulato dalla Pa nei confronti delle imprese, si dovranno infatti contrarre nuovi prestiti per ottenere i fondi necessari e questo si tradurrà nella creazione di altro debito. Al di là dei numeri, si vedrà nella Realtà la possibilità di cambiamento che contempli la ripresa dell’attività economica del Nostro Paese.
Infine, ha destato particolare attenzione il rapporto pubblicato da Cerved il gruppo specializzato nell’analisi delle imprese e nei modelli di valutazione del rischio di credito. Dal documento emerge che i fallimenti delle imprese Italiane hanno registrato il record storico di 6.350 a fine maggio. La concentrazione maggiore è al Nord, nel cuore della attività manifatturiera del Paese.
Si conclude così una settimana densa di comunicazioni riguardanti l’economia del nostro Paese che esprimono quanto sia difficile e delicato il compito di risanamento a cui è chiamato il Governo. Urge la definizione di un piano strategico che definisca con una chiara manovra economica per il breve e una per il lungo periodo. Non c’è oggi solo il problema dei fallimenti delle aziende ma anche quello nel creare nuove attività imprenditoriali. Senza di queste non si va più da nessuna parte.
Fabio Fanecco