Lo spazio (sempre più ristretto) dei cattolici in politica
Nel dibattito politico italiano ritorna ciclicamente il tema della rappresentanza dei cattolici. In molte scelte che attengono alla vita del Paese non esistono soluzioni univoche che possano discendere da una visione di fede, ma sui valori “non negoziabili” (tutela della vita in tutte le sue forme, fin dal suo concepimento, difesa della famiglia naturale, ecc.) i cattolici non possono non ritrovarsi uniti nel combattere battaglie che mirano in primo luogo alla salvaguardia dei fondamenti della società. L’attuale panorama politico sembra aver marginalizzato le opzioni cattoliche rispetto alle questioni etiche e ciò lo si deve anche all’arrendevolezza di molti cattolici che preferiscono tacere, di fronte alle sfide del laicismo, rinunciando a testimoniare i valori nei quali credono o dicono di credere.
Il timore è che il governo Letta, inseguendo la stabilità a tutti i costi, come se fosse un bene in sé piuttosto che un presupposto per ben operare al servizio del Paese, accetti di avallare scelte assolutamente contrarie alla dottrina sociale della Chiesa, barattando la sua sopravvivenza con l’abdicazione ai principi che dovrebbero ispirare una sana declinazione dell’ordine delle cose e del patto sociale. E se su Iva, Imu o sulle vicende giudiziarie di Berlusconi l’asse di solidarietà nazionale Pd-Pdl dovesse incrinarsi o rompersi, la prospettiva di nuove elezioni anticipate è tutt’altro che certa, stante peraltro l’impasse sulla riforma della legge elettorale. Considerata la diaspora dei grillini verso il gruppo misto e, probabilmente, verso i lidi della sinistra estrema, non è escluso che il governo Letta possa diventare un esecutivo “a geometria variabile”, con una composizione inedita Pd-transfughi grillini. Il Pdl finirebbe all’opposizione e a quel punto nel partito potrebbe iniziare la resa dei conti.
Con un centro (Scelta civica) ormai in agonia e in lenta ma inesorabile dissoluzione, la scommessa per l’immediato futuro è la formazione di un vero bipolarismo che consenta di riassorbire, all’interno dei due poli, le due anomalie (un centro autonomo e insignificante, che non va oltre il 10%, e un movimento profondamente antidemocratico e per nulla propositivo come il Cinque Stelle). Se la protesta confluita nel furore di Grillo dovesse esaurirsi, è molto probabile che gran parte di quell’elettorato possa guardare alla sinistra massimalista e sperimentare nuove consistenti maggioranze proprio sui temi etici. Non è un caso che su omofobia e unioni tra omosessuali e transessuali alcuni parlamentari Cinque Stelle abbiano già presentato disegni di legge che hanno ottenuto un plauso convinto da ampi settori della sinistra.
Ma il dato più allarmante in questo senso appare proprio la deriva laicista di alcuni settori del Pdl, che peraltro sembrano avere un peso crescente all’interno del partito. Le improvvide dichiarazioni di Galan, Brunetta, Bondi e altri pidiellini, che hanno annunciato la presentazione di una proposta di legge su unioni civili e matrimoni gay, è la cartina al tornasole di un’emarginazione delle posizioni cattoliche all’interno del centro-destra. Su questo il segretario Angelino Alfano, che di frequente ha richiamato la sua ispirazione cattolica e democristiana, dovrebbe forse prendere posizioni più convinte e meno pilatesche. Sui valori non negoziabili, che rappresentano i capisaldi di un’ordinata convivenza civile, non sono possibili retromarce né reticenze. Peraltro, nel programma elettorale del Pdl di quattro mesi fa c’era una chiara presa di posizione contraria ai matrimoni gay e non si capisce perché suoi autorevoli esponenti abbiano deciso di contravvenire a quest’impegno preso con l’opinione pubblica presentando quella proposta di legge.
L’aspetto più disarmante della vicenda è il silenzio assordante di movimenti, associazioni, soggetti pubblici e privati che per statuto dovrebbero difendere i valori della famiglia naturale. Mentre le associazioni per il riconoscimento dei diritti degli omosessuali non perdono occasione per far sentire la loro voce, mentre ministri ed esponenti politici chiaramente laicisti e orientati verso posizioni anticlericali “pontificano” su questi temi pur non occupandosene direttamente sul piano strettamente politico-parlamentare, i cattolici di tutti gli schieramenti tacciono, sono pavidi. Si ha quasi paura di ritrovarsi in minoranza, di esprimere opinioni contrarie alla mentalità dominante. Anche le componenti cattoliche del centro montiano e casiniano non paiono affatto determinate nella difesa dei valori cattolici. Ecco perché urge una ricomposizione di un’area moderata che difenda questi valori, interpretando le aspettative di un elettorato sempre più disorientato dalla latitanza e dall’ignavia di certo personale politico che si dice cattolico solo in campagna elettorale, salvo poi accantonare la propria identità e i propri ideali il giorno dopo il voto.
*Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano