LA RIPRESA ECONOMICA E LA GHIGLIOTTINA DEL FISCAL COMPACT

Sembra che in questo momento il futuro economico del nostro Paese sia determinato dalle scelta del governo in merito all’applicazione dell’aumento dell’IVA, dell’IMU, della TARES, dei ticket sanitari e dall’attuazione dei provvedimenti  del “decreto del fare”: norme a sostegno del lavoro, fondi per le infrastrutture, semplificazione della pubblica amministrazione e modifica delle norme in materia di mediazione civile.

Ma l’economia non è fatta d’illusioni e in gioco ci sono miliardi di Euro che costituiscono le necessarie “coperture” finanziarie per allontanare lo spettro di nuovi prelievi fiscali e  gli spazi di manovra per raddrizzare la pessima situazione finanziaria del nostro Paese sono davvero pochi.

Anche nell’ipotesi che il governo riuscisse a far saltare fuori le risorse necessarie per evitare le nuove “stangate” fiscali, la partita non sarebbe conclusa. Sì perchè l’Italia ha l’obbligo del pareggio di bilancio inserito nella nostra costituzione (Legge Costituzionale n.1 del 20 aprile 2012) conseguente al “Fiscal compact”: il patto fiscale europeo che l’Italia ha già sottoscritto a Bruxelles il 2 marzo dello scorso anno. Il Fiscal compact ci impone di ridurre il nostro debito pubblico fino al 60% in rapporto al Prodotto interno lordo (PIL), con un ritmo di un ventesimo/anno.   Il debito pubblico italiano ha toccato il suo ennesimo record alla fine del mese di aprile, raggiungendo il valore di 2041 miliardi e 300 milioni di euro. Oggi il nostro rapporto debito/PIL è del 120% e questo significa inserire nel nostro piano finanziario delle manovre annue dell’entità di circa 50 miliardi di euro/anno. Siamo però in un periodo di recessione e le proiezioni vedono un aumento del nostro debito e una riduzione del nostro PIL. La matematica a questo punto insegna che se diminuisce il denominatore e aumenta il numeratore il valore della frazione aumenta. Così il nostro disavanzo può peggiorare e toccare il 130% con la conseguenza che la nostra manovra potrà essere ancora più elevata.

Il nuovo patto fiscale entrerà in vigore il prossimo gennaio a condizione che almeno 12 paesi lo abbiano ratificato. Al momento siamo in dieci. Non ci sono ancora né Francia, né Germania. A inizio marzo, il Bundesrat tedesco (l’equivalente del nostro Senato) lo ha bocciato. Il Fiscal Compact rappresenterà per noi un nuovo carnefice che a detta di molti noti economisti non solo non è la misura più idonea per uscire dalla crisi, ma al contrario, contribuisce a peggiorare la situazione e potrebbe portare alla vera e propria dissoluzione dello stato sociale. Noi in questa direzione ce la stiamo mettendo tutta.  Per quanto riguarda la distruzione della nostra economia pare che la missione sia già compiuta.

 

Fabio Fanecco