Quattordici Righe: Umiltà
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Tema sgradevole per tutti. Riusciamo a misurare la forza, le baionette, i fucili e le divisioni corazzate. L’umiltà no. Ci confonde. È lontanissima dal comune sentire e dal nostro sentire quotidiano. Verissimo. Non ho mai capito perché l’iconografia di san Giuseppe lo mostra quasi sempre vecchio, e con il bastone di pastore in mano. Capisco la sua barba bianca. Castità, pudore, rispetto sommo per Maria vergine, paternità putativo del Bambino. Ma il bastone? Era falegname e non pastore di un gregge! Forse perché patrono-pastore della Chiesa-Corpo-di-Cristo? Forse. Ma personalmente ne vedo un’altra motivazione. Quel Bambino è il Verbo Eterno che si è Incarnato fino alle ultime conseguenze. È l’Umiltà incarnata. E questa umiltà, spregiata dagli uomini superbi e violenti, è voluta dalla Trinità santa per sé e per l’Incarnato. Solo l’umiltà può entrare nella grotta. E infatti gli angeli chiameranno gli ultimi, il popolo della terra, gli umiliati e insieme umili in quanto Poveri di Yahvé. Erode, il prossimo sterminatore, non è invitato e quelli come lui neppure. San Giuseppe col bastone fa buona guardia. Come per il Paradiso primordiale e poi in quello eterno, neppure in questo frammento di paradiso in una grotta – chi può vedere veda – solo gli umili sono ammessi. Chi “non deve chiedere mai” è pregato, bastone in mano, di girare al largo. Per lui, per i suoi emuli, non c’è posto! Adesso sappiamo come prepararci all’incontro. Umiltà!
don Ernesto