Obama “impara” da Scalfarotto: pronta una legge per mettere in galera chi si oppone alle nozze gay
Negli Stati Uniti monta la protesta dopo la sentenza della Corte Suprema che ha obbligato gli Stati che non lo desiderano a introdurre il “matrimonio” omosessuale. I grandi festeggiamenti – dal presidente Obama a Google e alle linee aeree, che hanno colorato i loro simboli di arcobaleni gay – non sono riusciti a nascondere la realtà. In molti Stati, la maggioranza dei cittadini è ostile alla sentenza e pensa a organizzare forme di resistenza. Ma sono in arrivo le contromisure.
Gli americani, per loro fortuna, non hanno l’onorevole Scalfarotto, ma non mancano suoi zelanti imitatori. Come si imbavagliano le proteste e le resistenze all’ideologia del gender? Scalfarotto – che non ha peraltro inventato nulla, ma ha imitato modelli britannici, scandinavi e francesi – lo insegna: con le leggi anti-omofobia. Negli Stati Uniti queste leggi ci sono già in alcuni Stati: ma non in tutti, e in particolare non in quelli dove l’ostilità al “matrimonio” omosessuale è più forte. Ecco allora che il Partito Democratico, sostenuto dal presidente Obama, ha pensato a una legge anti-omofobia federale, come tale applicabile in tutti gli Stati. La proposta di legge si chiama Equality Act e ha iniziato il suo iter parlamentare lo scorso 23 luglio. L’idea è, a suo modo, geniale. Gli Stati Uniti hanno un vasto corpo di leggi, che risalgono agli anni 1960 e 1970 e all’attivismo di figure come Martin Luther King, che vietano qualunque forma di discriminazione razziale, con sanzioni molto severe. La sensibilità verso questo tema negli Stati Uniti è così forte che anche la libertà religiosa, almeno nell’interpretazione di molti tribunali, deve cedere il passo di fronte al principio di non discriminazione. Se per ipotesi un pastore razzista – ce ne sono ancora, anche se sono pochi – si rifiutasse di sposare una ragazza bianca e il suo fidanzato afro-americano, scatterebbero le sanzioni e in molti Stati anche la prigione.
Che cosa fa l’Equality Act? Aggiunge la cosiddetta clausola “Sogi” a tutte le leggi federali esistenti che vietano la discriminazione razziale. Sogi significa Sexual orientation and gender identity, «orientamento sessuale e identità di genere». In pratica, funzionerà così. Se una legge vieta ai negozi di discriminare gli afro-americani, questi negozi non potranno rifiutarsi di servire neanche gli omosessuali e i transessuali. Sembra giusto, ma è sbagliato. Perché i cugini d’America di Scalfarotto hanno in mente i fiorai, i fotografi e i pasticceri che rifiutano di preparare ghirlande di fiore o torte che inneggiano a “matrimoni” omosessuali o di fotografarli. Sono già stati sanzionati in alcuni Stati, ma ora la norma si applicherebbe a tutti gli Stati Uniti. Ma le leggi anti-discriminazione sono migliaia. E la libertà religiosa in questi casi non offre molta protezione.
Pensiamo a una casa del pellegrino cattolica che offre stanze a chi si reca a visitare un santuario. Non potrebbe rifiutarle a coppie omosessuali. Un’università cattolica o evangelica dovrebbe permettere a studenti omosessuali di dormire insieme se lo richiedono: alcuni atenei, spaventati, si sono già adeguati. Un servizio di adozioni protestante o cattolico non potrebbe rifiutare i bambini a coppie omosessuali che chiedono di adottarli. E così via. Inoltre, tutte le norme che vietano di stampare o esprimere in pubblico opinioni razziste si applicherebbero alle opinioni “omofobe”, con il rischio che qualche giudice – è già successo – ritenga omofoba la semplice ostilità al “matrimonio” omosessuale o la diffusione delle tesi del Catechismo della Chiesa Cattolica o della Bibbia.
Molti commentatori, citando appunto i precedenti che riguardano matrimoni inter-etnici, pensano che il vero obiettivo della legge siano i preti e i pastori delle Chiese e comunità, Chiesa cattolica in testa, che rifiutano di celebrare “matrimoni” omosessuali. Saranno trattati come i pastori razzisti che rifiutano di sposare bianchi e neri. Il Partito Repubblicano si è detto contrario alla legge e ha i numeri per bloccarla, ma già si registra qualche scricchiolio. I repubblicani, infatti, sono il partito più votato da chi va in chiesa, ma sono anche sensibili alle opinioni del mondo imprenditoriale. E da Microsoft ad Apple fino a Google, a Facebook, alle grandi banche, il big business e i poteri forti si sono già mobilitati per sostenere l’Equality Act, tra l’altro raccogliendo milioni di dollari per i lobbisti, la cui attività negli Stati Uniti è lecita e che sono già all’opera per seminare divisione nelle fila repubblicane. Praticamente tutta la grande stampa è con loro.
La cosa interessa anche noi, perché nell’infausta sentenza sulle unioni civili omosessuali la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha scritto che viviamo in una grande comunità globale e che i precedenti americani sono rilevanti per l’Europa. È giusto quindi sostenere in tutti i modi le organizzazioni americane che si battono contro questa nuova minaccia. Anche il fronte pro family deve imparare che la battaglia è globale. E muoversi di conseguenza.