Il 1° agosto 2018, Memoria di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, tramite pubblicazione su L’Osservatore Romano, in vigore lo stesso giorno, e quindi pubblicato sugli Acta Apostolicae Sedis, è stato promulgato il rescritto, a firma del Card. Luis F. Ladaria, S.I. che su richiesta di Papa Francesco, ha modificato il numero 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica.
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Conseguenza immediata dunque, nel venticinquesimo della pubblicazione del Catechismo, l’adesione alla richiesta di riformulazione dell’insegnamento sulla pena di morte, nella prospettiva di meglio aderire allo sviluppo della dottrina che poggia su una sempre più chiara coscienza del rispetto alla vita dovuto ad ogni vita umana, così come affermato da San Giovanni Paolo II: “Neppure l’omicida perde la sua dignità personale e Dio stesso se ne fa garante”. Il Prefetto della Congregazione della Dottrina e della Fede nella Sua lettera indirizzata ai Vescovi ha precisato le ragioni di tale approfondimento dell’insegnamento della Chiesa, ove ha scritto:” la situazione politica e sociale di un tempo rendeva la pena di morte uno strumento accettabile per la tutela del bene comune, oggi la sempre più viva coscienza che la dignità di una persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi, l’approfondita comprensione del senso delle sanzioni penali applicate dallo Stato, e la messa a punto di sistemi di detenzione più efficaci che assicurano la doverosa difesa dei cittadini, hanno dato luogo ad una nuova consapevolezza che ne riconosce l’inammissibilità e perciò chiede la sua abolizione.” Lo sviluppo dottrinale sul tema è partito con la Lettera enciclica “Evangelium vitae” di San Giovanni Paolo II, che riteneva che tra i segni di speranza di una nuova civiltà della vita dovesse essere ricompresa :”la sempre più diffusa avversione dell’opinione pubblica alla pena di morte anche solo come strumento di “legittima difesa” sociale, in considerazione delle possibilità di cui dispone una moderna società di reprimere efficacemente il crimine in modi che, mentre rendono inoffensivo colui che l’ha commesso, non gli tolgono definitivamente la possibilità di redimersi”. San Giovanni Paolo II era ancora intervenuto contro la pena di morte, facendo riferimento al rispetto della dignità della persona ed ai mezzi che possiede la società
odierna per difendersi dal criminale. Si legga al proposito il Messaggio natalizio del 1998, ove auspicava: “nel mondo il consenso nei confronti di misure urgenti ed adeguate … per bandire la pena di morte”. Ed inoltre negli Stati Uniti il mese successivo, affermava: “Un segno di speranza è costituito dal crescente riconoscimento che la dignità della vita umana non deve mai essere negata, nemmeno a chi ha fatto del male. La società moderna possiede gli strumenti per proteggersi senza negare in modo definitivo ai criminali la possibilità di ravvedersi. Rinnovo l’appello lanciato a Natale, affinché si decida di abolire la pena di morte, che è crudele e inutile”. L’orientamento a tendere all’abolizione della pena di morte è stato mantenuto dai Pontefici che si sono succeduti. Benedetto XVI ha portato :”l’attenzione dei responsabili della società sulla necessità di fare tutto il possibile per giungere all’eliminazione della pena capitale” e altrove ad un gruppo di fedeli: “le vostre deliberazioni possano incoraggiare le iniziative politiche e legislative, promosse in un numero crescente di Paesi, per eliminare la pena di morte e continuare i progressi sostanziali realizzati per adeguare il diritto penale sia alle esigenze della dignità umana dei prigionieri che all’effettivo mantenimento dell’ordine pubblico”. In questa stessa prospettiva anche Papa Francesco ha riaffermato che: ”oggigiorno la pena di morte è inammissibile, per quanto grave sia stato il delitto del condannato” e che la pena di morte, indipendentemente dalle modalità di esecuzione: ”implica un trattamento crudele, disumano e degradante”, e che occorre rifiutarla ”a motivo della difettosa selettività del sistema penale e di fronte alla possibilità dell’errore giudiziario”. Queste le ragioni per cui Papa Francesco ha chiesto la revisione della formulazione del Catechismo della Chiesa Cattolica sulla pena di morte, in modo che si affermi che: “per quanto grave possa essere stato il reato commesso, la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona”. Ciò, unitamente alla presa d‘atto: – che le sanzioni penali dallo Stato moderno, debbano essere orientate alla riabilitazione e reintegrazione sociale del criminale. – che la società odierna possiede sistemi di detenzione più efficaci, e pertanto la pena di morte risulta non necessaria come protezione della vita di persone innocenti e ciò alla luce del perdurante dovere della pubblica autorità di difendere la vita dei cittadini, come è stato sempre insegnato dal Magistero e come conferma il Catechismo della Chiesa Cattolica nei numeri 2265 e 2266.
– che occorre attraverso il dialogo con le autorità politiche, favorire una mentalità che riconosca la dignità di ogni vita umana, di modo che vengano create le condizioni che consentano di eliminare l’istituto giuridico della pena di morte laddove è ancora in vigore. La nuova formulazione del n. 2267 del Catechismo si sostanzia in un autentico sviluppo della dottrina, che non è in contraddizione con i precedenti insegnamenti del Magistero che, come si legge nel documento del Card. Ladaria, si comprende tenendo presente che possono spiegarsi ed approfondirsi: “alla luce della responsabilità primaria dell’autorità pubblica di tutelare il bene comune, in un contesto sociale in cui le sanzioni penali si comprendevano diversamente e avvenivano in un ambiente in cui era più difficile garantire che il criminale non potesse reiterare il suo crimine”. Una consapevolezza, quella sulle ragioni della inammissibilità della pena di morte, cresciuta alla luce del Vangelo, che ci aiuta a comprendere meglio l’ordine creaturale che il Figlio di Dio ha assunto, purificato e portato a pienezza e ci invita anche ad imitare quella misericordia e pazienza del Signore, che dà a ciascuno il tempo per convertirsi. Benedetto Tusa