L’obiezione di coscienza all’aborto “infligge una forma di tortura alla donna”. Il “Rapporto del relatore speciale sulla tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti”, presentato durante la 22ma sessione del Consiglio dei diritti umani dell’Onu così si esprime :”Enti internazionali e regionali attivi nell’ambito dei diritti umani hanno cominciato a riconoscere che l’abuso e il maltrattamento di donne che cercano servizi di salute riproduttiva possono causare tremende e durevoli sofferenze fisiche e psicologiche”.
Quindi da oggi a livello internazionale, RIFIUTARE L’ABORTO È TORTURA. Tra i casi citati c’è “il rifiuto dei servizi sanitari legalmente disponibili, come l’aborto e la cura post aborto”. Un aborto obiettato è esplicitamente ritenuto pari alla sterilizzazione e alla mutilazione genitale, citate giustamente nel rapporto come esempi di tortura. Al punto 47 si riporta poi il caso di una donna polacca alla quale fu negato un test sul feto dopo che un’ecografia aveva evidenziato delle anomalie. Nel Rapporto dell’Onu si legge che, in casi come il precedente, “l’accesso alle informazioni sulla salute riproduttiva è fondamentale per la capacità di una donna di manifestare l’autonomia riproduttiva e i diritti alla salute e all’integrità fisica”. La violazione della libertà di coscienza di tale deliberazione determina l’elevarsi del livello di ingiustizia nel riconoscimento dei diritti primari dell’umanità, tra cui il diritto alla vita e alla libertà di obiezione.