ATTACCO AL PAPA

Una pagliacciata e un’infamia

di Massimo Introvigne14-09-2011

Gli psicologi hanno scoperto che molti bambini hanno paura dei pagliacci, e i film dell’orrore sfruttano abilmente i postumi di questa paura. C’è spesso qualcuno vestito da pagliaccio che si rivela alla fine del film un serial killer o uno stupratore. Il legame fra pagliacciata e infamia fa da sfondo anche alla denuncia presentata contro il Papa e alcuni dei suoi principali collaboratori alla Corte Penale Internazionale dell’Aja.

Benedetto XVI – nelle intenzioni dei suoi accusatori americani – dovrebbe fare la fine auspicata per Gheddafi o per i signori della guerra del Congo, ed essere portato in manette in tribunale per rispondere di crimini contro l’umanità. Pagliacciata e infamia. Pagliacciata dal punto di vista giuridico, e per tre motivi.

Primo: perché la Corte penale internazionale, istituita con lo Statuto di Roma del 1998 – cui lo Stato della Città del Vaticano, come del resto gli Stati Uniti e altri Stati, non ha peraltro mai aderito – è competente per i casi di «attacco generalizzato e sistematico contro la popolazione civile», intenzionalmente e personalmente ordinato dall’imputato. Neanche un pazzo può immaginare che il Papa abbia ordinato una guerra al mondo a colpi di abusi sessuali commessi dai preti. Secondo: perché la competenza della Corte è residuale e complementare. Interviene quando nessun singolo Stato vuole o può agire per punire crimini particolarmente gravi. Dei crimini dei preti pedofili si occupano centinaia di tribunali in numerosi Paesi del mondo. Non scatta dunque la competenza residuale della Corte dell’Aja. Terzo, perché la Corte si occupa di chi commette personalmente crimini e non di chi omette di punirli o non li punisce abbastanza severamente – diversamente, il suo ambito d’intervento sarebbe così ampio da sovvertire tutte le giurisdizioni nazionali.

Neppure gli estensori della denuncia pensano che il Papa abbia personalmente abusato di bambini o ordinato a singoli sacerdoti di abusarne. Accusano solo il Papa e la Chiesa di non avere reagito con sufficiente tempestività ed efficacia. Ma c’è anche l’infamia. Perché le accuse – oltre a non rientrare nella competenza della Corte penale internazionale – sono false. Scandalosamente false. Non è falso, naturalmente, che ci siano stati e ci siano ancora – anche se il numero dei casi nuovi è in costante diminuzione – preti pedofili. Benedetto XVI ha parlato più volte di sporcizia, vergogna e disonore per la Chiesa, in nessun modo associandosi ai tentativi di negare o minimizzare il fenomeno messi in atto – oggi, per la verità, sempre più raramente – da qualche pubblicista cattolico o qualche vescovo.

Ma la menzogna clamorosa consiste nell’accusare il Papa di avere promosso in passato – quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede – o di promuovere ora una linea morbida sui preti pedofili. È precisamente il contrario. Mi occupo come studioso della questione dei preti pedofili da più di vent’anni, e ho fatto parte di commissioni d’inchiesta pubbliche e private. Da quando il cardinale Ratzinger ha cominciato ad avere responsabilità sul tema, semmai è stato accusato di violare i diritti della difesa con una serie di misure durissime e draconiane contro i sacerdoti colpevoli di abusi. Basterebbe pensare al costante allungamento dei termini di prescrizione. Oggi un sacerdote pedofilo può essere perseguito fino a vent’anni dopo il compimento del diciottesimo anno da parte della sua vittima. Questo vuol dire che se un prete abusa oggi di un bambino di quattro anni, la prescrizione scatterà solo nel lontano anno 2045.

Nessun Paese al mondo dove esiste la prescrizione contempla termini così lunghi. E il diritto canonico è oggi più severo della maggioranza delle legislazioni degli Stati anche con i sacerdoti che scaricano pornografia minorile da Internet – una riforma promossa dal cardinale Levada e appoggiata dal cardinale Bertone, anche loro ora assurdamente denunciati all’Aja. Tutte queste riforme sono state volute in modo sistematico e tenace, più che da chiunque altro, prima dal cardinale Ratzinger e poi da Benedetto XVI, che ha pure usato parole senza precedenti nella storia della Chiesa per denunciare lo scandalo e la vergogna della pedofilia clericale.

È grottesco e infame che si accusi proprio lui di proteggere – anzi, secondo la denuncia all’Aja, di organizzare – i pedofili. I giudici – anche quelli internazionali – ci hanno abituato a sorprese, in genere negative, ma tutte le previsioni degli specialisti vedono gli avvocati americani, come si dice nel loro Paese, «buttati fuori dalla Corte», cacciati a calci giù dalle scale del Tribunale che avevano imprudentemente risalito. Se così non fosse, avrebbe ragione chi considera quella dell’Aja un’istituzione potenzialmente eversiva e pericolosa: opinione espressa a suo tempo non da Gheddafi, ma dagli Stati Uniti, che come si è accennato non hanno mai voluto aderirvi. Se invece le cose andranno secondo le più logiche previsioni, e tutto finirà in una bolla di sapone, ci si potrà chiedere perché qualche organizzazione americana ha speso così tanto tempo e denaro per quella che resta una pagliacciata. La risposta non attiene alla pagliacciata, ma all’infamia.

Si vogliono colpire il Papa e la Chiesa Cattolica perché danno fastidio, perché sono i soli a opporsi alla dittatura del relativismo, della cultura della morte sostenuta dalle lobby miliardarie delle cliniche per gli aborti e per l’eutanasia e delle industrie delle pillole abortive, e all’ideologia di genere che ha alle spalle l’enorme potere delle lobby omosessuali. La protezione dei bambini dalla pedofilia – che sarebbe di per sé sacrosanta – è spesso solo un pretesto. Proprio lunedì si è concluso a Roma un vertice dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) sui crimini di odio contro i cristiani, commessi non in qualche zona remota dell’Africa o dell’Asia ma nell’area OSCE, cioè nell’America del Nord e in Europa. Il vertice ha rilevato come esista un attacco ai cristiani in tre stadi: dalla cultura dell’intolleranza si passa alla discriminazione – che è un insieme di attacchi giuridici alla Chiesa – e in questo clima qualche esaltato passa anche alla violenza contro gli edifici di culto e contro le persone.

La pagliacciata e l’infamia vengono ora a confermare che esiste davvero in Occidente un’emergenza legata all’intolleranza e alla discriminazione contro la Chiesa. E che i principi non negoziabili, su cui si misura se un politico merita il sostegno dei cattolici, dai tre ricordati per anni dal Papa – tutela della vita, della famiglia e della libertà di educazione – sono ormai passati a quattro. Vi si aggiunge la difesa della libertas Ecclesiae, della possibilità per la Chiesa di svolgere liberamente la missione che il Signore le ha affidato contro l’intolleranza, la discriminazione e la violenza, contro attacchi quotidiani e feroci, contro pagliacciate e infamie che hanno ormai superato il livello di guardia in tutto il mondo, Occidente compreso. I politici che non sono capaci di dire basta a tutto questo non meritano la nostra fiducia.