Occorre prendere atto dell’esistenza di un grande disagio sociale presente in tutto il paese, da un lato non chiudere gli occhi e dall’altro invece aprirli per vedere le cose come vorremo vederle, come le pensiamo senza nessuna osservazione della realtà sociale e politica.
Le analisi superficiali parlano di voto di protesta, blu al nord e giallo al sud, senza porsi la domanda del perché i partiti figli delle rivoluzioni rosse e nere del novecento siano in via di estinzione, senza comprendere la fine del centrismo e del suo falso moderatismo rassicurante.
Non si vuol prendere atto del declino del berlusconismo; della fine del mito della ricostruzione di una destra unita, che FdI non ha saputo centralisticamente rappresentare e che grandi difficoltà trova in altre esperienze; dello spegnersi del PD in perenne lite al suo interno e percepito all’esterno come un gruppo di “radical chic” di gestione del potere, che nel presente rappresenta banche e poteri forti e non le storiche classi di riferimento; dell’usura temporale delle persistenti classi dirigenti.
La disinformazione – distrazione di massa dei media, attraverso fake news, agitate paure di un inesistente ritorno del fascismo e di un pacifico immigrazionismo, che altro non è se non sostituzione etnica dei milioni di italiani non nati, lo scadere violento e splatter della pseudo cultura delle programmazioni cinematografiche e delle serie TV, unitamente al centrale artificiale ed indotto indebolimento delle radici cristiane, hanno portato gli italiani, con la testa piegata sugli smartphone a non essere in grado di guardarsi intorno e a capire che fare.
Sembra che il centro nord del lavoro ed economicamente propulsivo, stretto dalla morsa fiscale e burocratica abbia dato segni di reazione con il voto blu ad un centro destra a trazione leghista, ma pare che anche il sud e le isole abbiano reagito, seppur in modo diverso, girando la testa verso le prometeiche promesse grilline.
Che piaccia o non piaccia la realtà politica è questa: blu al centro nord e gialla al sud ed alle isole e allora che fare?
Ha scritto intelligentemente un sociologo: “tornare a studiare le dinamiche sociali. Tornare a vivere i quartieri, le vie, le piazze, senza la pretesa di sapere già tutto. Tornare a riflettere sulle opzioni politiche che hanno guidato fin qui il cammino: cosa vuol dire, per questa società, la parola libertà? Cosa vuol dire “sussidiarietà”? Cosa vuol dire “sicurezza”? Cosa vuol dire “protezione”? Cosa vogliono dire per questa società le parole “welfare”, “assistenza”, “sanità”, “lavoro”?
Da parte mia aggiungerei: tornare a sostenere la famiglia, cellula fondamentale della società; cercare di garantire la libertà di educazione; la libertà religiosa; agire in difesa della vita ed in campo bioetico, reagire al declino demografico, a tutela dell’ambiente.
Ricominciamo a pensare, elaborare per saper giudicare il reale e costruire il futuro.
Benedetto Tusa