CRISI ELLENICA: CHI GIOCA COL FUOCO?
di Giulio Albanese
Quanto sta avvenendo in Europa è gravissimo. Anzitutto perché a dettare le regole del gioco è l’alta finanza e non la politica. Inoltre vi è una dilagante disinformazione che tende a legittimare i falchi come Wolfgang Schäuble. In effetti, leggendo i giornali si ha la sensazione che una manica di scrocconi ellenici, svogliati e spendaccioni, abbiano dilapidato la loro fortuna, costringendo i parsimoniosi germanici a pagare il conto. Purtroppo la realtà dei fatti è ben diversa dal pensiero dominante. Anzitutto va ricordato che la Grecia, già prima della crisi, aveva una delle distribuzioni del reddito più inique d’Europa e un alto livello di povertà, come dimostrano i dati Eurostat. A parte gli armatori miliardari ellenici – che hanno già spostato i loro soldi all’estero – e i ricchi banchieri greci – responsabili per decenni di pratiche finanziarie fraudolente – la Grecia ha sempre avuto uno dei redditi pro capite più bassi d’Europa (21.000 euro), molto inferiore alla media dell’Eurozona a 12 (27.600) o della Germania (29.400). Inoltre, nonostante l’immagine dipinta dai media di un welfare ellenico troppo generoso, gli ammortizzatori sociali in Grecia sono sempre stati modesti in confronto al resto d’Europa.
Sta di fatto che oggi in Grecia il debito è circa il 180% del Pil. Nel periodo 2007-2015 il debito pubblico è aumentato del 33,5%, mentre in Germania è cresciuto del 34,6%. Ma la Grecia, nel frattempo, ha perso il 25,4% del suo Pil, con una disoccupazione di oltre il 27% (quella giovanile al 65%), mentre la Germania ha incrementato il suo Pil del 6,9%. In questo periodo, scandito da lacrime e sangue per i greci, dov’erano l’Unione Europea, la Bce e il Fmi, cioè la Troika?
Questi signori non avevano la supervisione e il controllo del processo di risanamento economico della Grecia? In fondo, a pensarci bene, la loro cura dimagrante, quella imposta al popolo ellenico per 5 anni, è servita solo a peggiorare la situazione. Scusate, ma questo è lo stesso modello dei piani di aggiustamento strutturale del Fmi nei Paesi dell’America Latina e in generale del nel Sud del Mondo negli anni Ottanta e Novanta, quando più interessi sul debito venivano pagati e più aumentava il debito estero degli stessi Paesi. Il risultato inevitabile di simili processi è l’aumento della povertà dei popoli. Inoltre, come mai nessuno a Bruxelles ha chiamato in giudizio le “tre sorelle”: Standards&Poors, Moody’s e Ficht Ratings? Non bisognava essere Mago Merlino per constatare, all’inizio della crisi nel 2009, che un Paese con un deficit del 13% e un debito pubblico del 125% del Pil, nel mezzo della crisi finanziaria ed economica più grave della storia, fosse in difficoltà. Si considerino i tempi. Solo nell’ottobre del 2009, quando si “scoprì” che il deficit delle Grecia avrebbe potuto rivelarsi superiore a quello previsto, le agenzie di rating uscirono allo scoperto. Ma perché, prima non lo sapevano? E dire che la crisi greca poteva essere risolta in maniera indolore. Come? Ad esempio, facendo investire direttamente a quei Paesi che hanno un attivo commerciale direttamente in Grecia. La Germania, per chi ha la memoria corta, lo fece con la Germania dell’Est ai tempi della caduta del muro di Berlino.
Per risollevare la Grecia sarebbe bastato istituire degli incentivi efficaci per “riciclare” le eccedenze delle partite correnti tramite investimenti esteri diretti, flussi di partecipazione, aiuti esteri o acquisti di importazioni. Purtroppo, se siamo arrivati a questo punto, nel negoziato, la responsabilità ricade sui nostri politici europei che ragionano solo nell’interesse dell’economia finanziaria (quella della de-regulation), disprezzando l’economia reale che era e rimane l’unica ancora di salvezza per la Grecia e la stessa Europa.