Marijuana legale? Avete messo troppe balle nei vostri cannoni. Tutte le bugie del partito antiproibizionista
Si infoltisce in Italia il fronte bipartisan della cannabis libera. Nel nome addirittura della salute, della giustizia e dell’economia. Quante panzane
La cannabis fa male. Danneggia l’apparato respiratorio e quello immunitario, causa tachicardie e mal di testa, influisce sulla memoria e sulla capacità di concentrazione, fa venire meno la coordinazione e la prontezza dei riflessi. Dice il ministero della Salute che «l’assunzione in dosi elevate può comportare l’insorgere di paranoie e manie di persecuzione. Se consumata per lunghi periodi, la cannabis può dar luogo a quella che è definita sindrome amotivazionale, un disturbo caratterizzato da distrazione, apatia, riduzione delle attività, incapacità di gestire nuovi problemi, compromissione del giudizio e delle abilità comunicative».
Eppure ciclicamente la richiesta di depenalizzare o legalizzare o liberalizzare la produzione e il consumo di cannabis fa la sua apparizione nel dibattito politico italiano, specie all’approssimarsi di vigilie elettorali. Secondo l’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, il 22,3 per cento dei giovani italiani fra i 15 e i 24 anni d’età fa uso di cannabis nel corso dell’anno: siamo terzi in Europa dopo cechi e spagnoli. Anche tolti i minorenni, è un bel bacino di potenziali elettori, se diamo retta a quello che vent’anni fa cantavano gli Articolo 31: «Le vacanze le farò in Giamaica dalla mia Maria bella, aspetto e intanto voto Pannella».
Dal 1975 (data del primo arresto del leader radicale per aver fumato uno spinello in pubblico) la questione appare e poi scompare dai radar della politica. Stavolta però c’è una novità. Alla storica battaglia antiproibizionista ispirata all’individualismo libertario dei Radicali improvvisamente sembra unirsi un fronte politico trasversale che coinvolge esponenti e in alcuni casi leader di Lega Nord, Partito democratico, Sinistra e Libertà, Rifondazione comunista, eccetera. È cambiato qualcosa nel panorama generale? Oh, sì.
Gli Stati Uniti, in passato nemici giurati di tutte le droghe, si stanno avviando a grandi passi verso la legalizzazione generalizzata di marijuana, hascisc e prodotti derivati. Un processo iniziato con l’autorizzazione dell’uso medico della cannabis, oggi in vigore in ben 21 stati della federazione, e approdato all’inizio di quest’anno alla legalizzazione dell’uso ricreativo nel Colorado e nello stato di Washington. Poi c’è il fatto che i bilanci statali, di qua e di là dell’Atlantico, sono schiacciati dai debiti, e i governanti e gli aspiranti tali se le fanno venire in mente tutte per ridurre le uscite e per incrementare le entrate fiscali senza ritoccare le aliquote della dichiarazione dei redditi o le imposte sui generi di consumo di base, azione destinata a far perdere caterve di voti.
Entrate fiscali, stime a capocchia
Ora, la legalizzazione e la tassazione della cannabis, come pure quella della prostituzione e del gioco d’azzardo (contro il quale i governi europei fingono di combattere), promettono ricche entrate. Uno studio dell’università di Harvard del 2010 ha stimato risparmi e proventi di una completa legalizzazione delle droghe negli Stati Uniti. Da sola la depenalizzazione della marijuana permetterebbe al governo federale e ai singoli stati di risparmiare 22,3 miliardi di dollari all’anno di spese per le politiche di repressione (operazioni di polizia, processi, carcere ed altre forme di restrizione); tassando spinelli e prodotti a base di cannabis allo stesso modo dell’alcol e del tabacco, si genererebbero nuove entrate fiscali pari a 6,4 miliardi di dollari all’anno.
L’Italia, si sa, dai tempi del Piano Marshall è una provincia politica e culturale dell’Impero americano. Per la legalizzazione delle droghe vale il medesimo principio dell’istituzione dei matrimoni fra persone dello stesso sesso: finché era una roba dei paesi scandinavi e del Benelux, a noi ce ne calava poco; ma da quando la Corte suprema degli Stati Uniti ha creato dal nulla questo nuovo diritto umano, anche dalle nostre parti il numero dei favorevoli ha preso a crescere. Figuriamoci se lo spinello libero in Colorado e Washington, con Barack Obama che chiude un occhio e non manda i federali ad arrestare tutti (come dovrebbe e potrebbe fare), non suscita mimetismi a go-go.
Poi c’è il fatto che da qualche tempo l’Italia è uno dei paesi industrializzati più indebitati del mondo. In Europa siamo secondi soltanto alla Grecia in rapporto al Pil (133,3 per cento contro 169,1) e secondi soltanto alla Germania in termini assoluti (2.076 miliardi di euro contro 2.146, ma i tedeschi hanno più Pil e più abitanti di noi). La combinazione sembra perfetta per un rapido allentamento della guardia rispetto a una sostanza il cui consumo, una volta legalizzato e tassato, consentirebbe una boccata di ossigeno alle casse dello Stato. Anche se il beneficio è difficile da quantificare e inciderebbe in misura lievissima sul debito pubblico.
Gli antiproibizionisti scrivono – e L’Espresso rilancia la loro stima – che la legalizzazione porterebbe nelle casse dello Stato 8 miliardi di euro all’anno. Sembra proprio una cifra sparata lì come quelle che i radicali diffondevano sul numero degli aborti clandestini e dei decessi ad essi dovuti quando facevano propaganda per la depenalizzazione delle interruzioni volontarie di gravidanza. Se Harvard stima entrate fiscali per 6,4 miliardi di dollari all’anno dalla legalizzazione della cannabis in America, un paese che ha sei volte gli abitanti e presumibilmente sette-otto volte i consumatori che ha l’Italia, come si fa a credere che da noi le entrate fiscali di un provvedimento analogo sarebbero addirittura più alte di quelle americane del 60 per cento? I soliti conti all’italiana.
Il boom dei consumatori
Sia come sia, la legalizzazione della cannabis in Italia permetterebbe di aumentare i proventi del fisco (buttiamo là: di 1 o 2 miliardi di euro, non di più) e di far uscire qualche migliaio di detenuti dalle prigioni (9 mila, dicono i radicali, anche se valgono i dubbi di cui sopra). Ma a quale prezzo? Non è difficile immaginarlo. Il numero dei consumatori, al contrario di quanto Luigi Manconi ed altri asseriscono, crescerebbe, e quindi di conseguenza avremmo più studenti di scarso o nullo rendimento, più incidenti stradali, più depressi, più schizofrenici, più paranoici, più infettati da malattie sessualmente trasmissibili, più alcolizzati, più eroinomani e cocainomani, ovvero in una parola più politossicodipendenti. Tutto questo è già scientificamente dimostrato. Avremmo insomma più gente che fa del male a se stessa e agli altri.
Che la legalizzazione di marijuana e hascisc porterebbe a un aumento del numero dei consumatori dovrebbe essere intuitivo, e comunque non è difficile da provare. Per dimostrare il “fallimento” delle politiche proibizioniste viene citato il lieve ma costante aumento di consumatori di cannabis nel mondo, che secondo l’ultimo rapporto dell’Unodc, l’ufficio delle Nazioni Unite che si occupa di droga e criminalità, ammonterebbero a 180,6 milioni (vedi tabella qui sotto).
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