IL CASO LOMBARDIA E LA PESSIMA FIGURA DELLA LEGA
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di LUIGI PANDOLFI
“Lombardia, elezioni ad aprile” titolava domenica scorsa “La Padania”. Riportando il responso del consiglio federale riunitosi il giorno prima per decidere cosa fare con Formigoni. A dire il vero la posizione della Lega rispetto al caso Lombardia Maroni l’aveva espressa già quarantotto ore prima, nel corso della conferenza stampa “romana” tenuta insieme ad Angelino Alfano ed allo stesso Formigoni. In quell’occasione il segretario del Carroccio aveva dichiarato: “Abbiano ottenuto l’azzeramento e quindi abbiamo il dovere di andare avanti”. Punto. C’è da giurare che non solo Formigoni aveva capito che quell’ “andare avanti” significava tirare fino alla fine della legislatura.
La base del partito l’aveva, per esempio, capito benissimo, al punto da minacciare una rivolta se non si fosse prontamente rimediato. Anche Salvini l’aveva capito, tant’è che il giorno dopo si lasciava andare a questa considerazione: “Non ci sono più margini per tenere lì Formigoni. Una nuova giunta è inutile e comunque la Lega non dovrebbe entrarci, anzi non dovrebbe dare neanche l’appoggio esterno. E se Formigoni non si dimette, lo facciamo dimettere noi”. Modificando anch’egli ciò che aveva detto qualche ora prima, al termine del summit della Lega Lombarda.
Si arriva così al consiglio federale, nel cui esito alcuni letto una sconfitta di Maroni ed una vittoria di Salvini. In verità esso ha certificato soltanto lo stato confusionale in cui versa la Lega attualmente, stretta tra l’esigenza di apparire “diversa” e quella di salvaguardare importanti postazioni di potere. Nel braccio di ferro con Formigoni, comunque, sembrerebbe che la Lega l’avrebbe spuntata: la crisi non è stata estesa a Piemonte e Veneto, il Pdl ha di fatto scaricato Formigoni, si parla di Salvini come probabile candidato unitario alla presidenza.
Ma stiamo parlando di giochetti tattici, di politicantismo, di piccolo cabotaggio. Nel merito c’è da dire che la Lega ha fatto una pessima figura in questa vicenda. Innanzitutto perché è apparsa come un circo equestre popolato da acrobati e contorsionisti, capace di assumere in tre giorni tre posizioni diverse, senza una guida forte ed autorevole. In secondo luogo perché si è attardata a chiedere elezioni ad aprile anche quando Formigoni ne ha minacciato lo svolgimento immediato, prima della fine dell’anno. Una mezza misura, quella della Lega, assolutamente incompatibile con un atteggiamento intransigente verso un’esperienza di governo ormai rovinata dagli scandali. E che scandali! Davvero incomprensibile, per non dire patetica, la richiesta di Maroni di approvare prima la legge di bilancio e la riforma elettorale e poi andare al voto, l’anno prossimo.
Suvvia, l’unica cosa seria da fare, fin dal primo momento, sarebbe stata quella di chiedere le dimissioni immediate di Formigoni e nuove elezioni il prima possibile, senza se e senza ma. Per riscattare la dignità ferita di quelle istituzioni, l’immagine stessa della regione. Non l’hanno fatto, hanno tergiversato, esitato, confermando di essere uguali a tutti gli altri. O forse peggio