La politica non salva l’uomo.
Il diritto a criticare nasce dal gratuito impegno per una campagna elettorale in cui non condividevamo l’assenza di programmi per il concreto bene comune dei milanesi, i candidati imposti dalla dirigenza del Pdl e molto spesso senza consenso del tessuto sociale, l’aver incentrato la propaganda sui processi al Premier, il tutto con un partito degli ”eletti” staccato dai proprio “popolo” ed attaccato alla propria “poltrona”.
La serata di chiusura dopo la grandine per la Moratti e prima dell’arcobaleno per Pisapia, noi siam presi pioggia e vaffa, consci dell’inutilità pratica di quello che facevamo e di contro consapevoli della testimonianza che stavamo dando.
La tragica serata del giovedì di chiusura della campagna elettorale in Piazza del Duomo aveva convinto, chi era lì per fiducia a chi credibile aveva chiesto una presenza, che la “mission” era “impossible”, appena entrati in piazza e visto le cubiste sul palco l’imminenza della sconfitta era stata chiara….
Le polemiche con gli amici che non volevano votare nei giorni precedenti e l’incontro casuale con Manfredi Palmieri con le sue pretese ragioni, quella sera, avevano fatto il resto. Partita chiusa.
Pisapia ha stravinto e i dirigenti del centro-destra, Berlusconi in testa dichiarano che la colpa è dei mass media, che servono le primarie e che la riforma del partito nascerà della nomina del capace Angelino Alfano, coadiuvato dai tre vecchi coordinatori, in pratica un tutto che cambia e un nulla che cambia.
A parte il risultato delle prossime elezioni che perderanno e perderemo ancora…
Infatti, naturalmente a perdere sarà soprattutto il popolo italiano, consegnato, senza validamente opporsi, a classi dirigenti anch’esse centraliste, ideologiche, impregnate di un cupo radicalismo di massa tutto proteso contro i valori non negoziabili.
Nessuna dimissione della fallimentare classe dirigente Pdl, nessuna analisi, autocritica, nessun passo indietro…
Nessuna comprensione che il negativo risultato delle amministrative nasce dal fallimento di un’idea di politica miracolosa ( che anche Pisapia sposa quando dice che farà felici i milanesi), da una politica falsamente risolutiva, che si pone come rimedio universale ai tutti i problemi della vita comune.
Non si è capito che senza ripartire dall’uomo, dal basso, dalle opere , dall’impatto con i reali problemi ( e non dai propri problemi di carriera politica da garantire) si andrà incontro a nuovi fallimenti, delusioni, indipendentemente da che parte si vada.
Stare fra la gente, spesso sfidando la violenza e gli insulti, ci ha fatto toccare ancora una volta i veri bisogni e incominciare a pensare che occorre risolvere il problema del lavoro che manca, del futuro incerto per ogni generazione, della solitudine che dilaga e penetra nei cuori.
Anche chi ha festeggiato in piazza del Duomo vestito di arancione, tornato a casa avrà sentito la solitudine del cuore, quell’inquietudine che Sant’Agostino ci dice può cessare, solo ponendo il proprio cuore nell’incontro con qualcosa di più grande che si è rivelato per tutta l’umanità 2000 anni fa.
A Milano, all’Italia non serve un progetto politico, una politica sempre di più autoreferenziale, concentrata sullo contro ideologico ed incapace di comprendere e mettere in pratica le ragioni che si muovono e che allontana inevitabilmente la gente, ma di quella libertà di giudizio e di fare che risponde al cuore dell’uomo, di figli di quella tradizione lombarda e benedettina che non si ferma passivamente di fronte alle avversità, ma riafferma concretamente il fare per il bene comune coi piedi per terra ed il capo in cielo.
Benedetto Tusa