LEGGERE IL SENSO DELLA STORIA

L’uomo è chiamato a “leggere il senso profondo della storia”
All’Udienza Generale, Benedetto XVI torna a meditare sull’Apocalisse

di Luca Marcolivio

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 12 settembre 2012 (ZENIT.org) – Per la seconda settimana di seguito, papa Benedetto XVI ha articolato l’Udienza Generale sull’Apocalisse. Se mercoledì scorso la catechesi del Santo Padre aveva riguardato la preghiera orientata all’interno della vita ecclesiale, stamattina la meditazione è stata incentrata sulla preghiera rivolta verso il mondo intero, oggetto della seconda parte del nel Libro finale del Nuovo Testamento.

Si contrappongono due alleanze, quella definita dal Papa come “il «sistema di Cristo», a cui l’assemblea è felice di appartenere” ed un “«sistema terrestre anti-Regno e anti-alleanza messo in atto dall’influsso del Maligno», il quale, “ingannando gli uomini, vuole realizzare un mondo opposto a quello voluto da Cristo e da Dio”.

L’assemblea è quindi tenuta a fare discernimento attraverso la preghiera per essere in grado di “leggere in profondità la storia che sta vivendo”, ha osservato Benedetto XVI.

Quando Cristo invita l’assemblea a “salire in cielo per guardare la realtà con gli occhi di Dio”, appaiono “tre simboli, punti di riferimento da cui partire per leggere la storia: il trono di Dio, l’Agnello e il libro (cfr Ap 4,1-5,14)”.

Il personaggio seduto sul trono non viene descritto da San Giovanni, in quanto “supera qualsiasi rappresentazione umana; può solo accennare al senso di bellezza e gioia che prova trovandosi davanti a Lui”. Siamo infatti di fronte a Dio onnipotente che “non è rimasto chiuso nel suo Cielo, ma si è fatto vicino all’uomo, entrando in alleanza con lui”.

Il secondo simbolo è il libro “che contiene il piano di Dio sugli avvenimenti e sugli uomini; è chiuso ermeticamente da sette sigilli e nessuno è in grado di leggerlo”.

Appare dunque il terzo simbolo: è l’Agnello, ovvero Cristo “immolato nel Sacrificio della Croce”, eppure “in piedi, segno della sua Risurrezione”. Sarà proprio l’Agnello ad aprire i sigilli e a svelare “il piano di Dio, il senso profondo della storia”.

All’apertura dei primi quattro sigilli, si rivelano le piaghe che affliggono l’umanità: la violenza, il suicidio, l’ingiustizia, la morte. Eppure nella storia umana Dio ha fatto irruzione riuscendo non solo a “bilanciare il male” ma addirittura a “vincerlo”, come suggerisce il cavallo bianco dell’Apocalisse (Ap 6,2).

Leggendo la realtà storica che ci accompagna, i cristiani sono invitati a non lasciarsi “vincere dal male, ma a vincere il male con il bene, a guardare al Cristo Crocifisso e Risorto che ci associa alla sua vittoria”. La violenza, la menzogna, l’odio, la persecuzione, non devono spaventarci: attraverso la preghiera siamo in grado di “vedere i segni di Dio, la sua presenza e azione, anzi ad essere noi stessi luci di bene, che diffondono speranza e indicano che la vittoria è di Dio”.

C’è poi il momento dell’invocazione a Dio, raffigurata nell’Apocalisse dai ventiquattro anziani e dai quattro esseri viventi, tutti intenti ad intonare “un cantico nuovo”, reggendo in mano “insieme alla cetra che accompagna il loro canto, «delle coppe d’oro piene di incenso» (5,8a) che, come viene spiegato, «sono le preghiere dei santi» (5,8b), di coloro, cioè, che hanno già raggiunto Dio, ma anche di tutti noi che ci troviamo in cammino”.

Vediamo, poi, che “davanti al trono di Dio, un angelo tiene in mano un turibolo d’oro in cui mette continuamente i grani di incenso, cioè nostre preghiere, il cui soave odore viene offerto insieme alle preghiere che salgono al cospetto di Dio (cfr Ap 8,1-4). È un simbolismo – ha spiegato il Papa – che ci dice come tutte le nostre preghiere – con tutti i limiti, la fatica, la povertà, l’aridità, le imperfezioni che possono avere – vengono quasi purificate e raggiungono il cuore di Dio”.

Tutte le preghiere, quindi, sono accolte da Dio e “nessuna va perduta” – sebbene la risposta sia “a volte misteriosa – poiché “Dio è Amore e Misericordia infinita”.

Quando poi, varie volte, Gesù ripete: «Ecco, io vengo presto» (Ap 22,7.12), la sua affermazione non indica “solo la prospettiva futura alla fine dei tempi, ma anche quella presente: Gesù viene, pone la sua dimora in chi crede in Lui e lo accoglie”, ha spiegato il Pontefice.

Benedetto XVI ha infine descritto la preghiera dell’Apocalisse, in virtù della sua “struttura di grande preghiera liturgica comunitaria”, come un “forte richiamo a riscoprire la carica straordinaria e trasformante che ha l’Eucaristia”. Ha quindi invitato “ad essere fedeli alla Santa Messa domenicale nel Giorno del Signore, la Domenica, vero centro della settimana”.

“La ricchezza della preghiera nell’Apocalisse ci fa pensare a un diamante, che ha una serie affascinante di sfaccettature, ma la cui preziosità risiede nella purezza dell’unico nucleo centrale. Le suggestive forme di preghiera che incontriamo nell’Apocalisse fanno brillare allora la preziosità unica e indicibile di Gesù Cristo”, ha poi concluso il Pontefice.