Tamburi lontani – Dicembre 2013

Questi giorni strani ed inquietanti, ci riservano il dubbio privilegio di veder nascere una nuova Religione con i suoi dogmi e le sue verità rivelate. Ovviamente non mancano i sacerdoti depositari della verità, ed ancor più significativo, uomini di “buona volontà” pronti ad assumersi il compito di individuare e reprimere tutti gli scettici od eretici, e da buoni  inquisitori, per ora, rieducare al POLITICAMENTE CORRETTO

Omofobia, ovvero le famiglie in cucina ed il caso di Guido Barilla

Sotto questo titolo appaiono nella rubrica Lettere al Corriere curata da Sergio Romano due lettere:  la prima <<Barilla dice che continuerà a fare spot pubblicitari presentando la famiglia tradizionale (sic), uomo donna, e figli. Qual è la sua colpa se preferisce questo tipo di famiglia anziché quella gay?>>, se vogliamo la risposta è nella seconda <<Guido Barilla è stato costretto a scusarsi pubblicamente per le affermazioni pronunciate alla trasmissione la Zanzara di Radio 24. […] se esse volevano ribadire la centralità della figura femminile nella famiglia sono finite per essere etichettate come un classico esempio di intolleranza verso le unioni gay.>>. Come dire esaltare la figura della donna nella famiglia è una chiara manifestazione di omofobia! Ma ancora più significativa è la conclusione: <<E gli si dovrebbe render merito per essersi comportato da “buon padre di famiglia”>>, piccola nota sarebbe meglio parlare di genitore uno oppure due per evitare nuove accuse di omofobia. << nello scusarsi pìù per la consapevolezza di avere la responsabilità economica non solo del gruppo Barilla, ma soprattutto di coloro che vi lavorano.>>. Non dovrebbe essere necessario spiegare il senso di tale affermazione.

Due giorni dopo il 5 novembre 2013, sempre sul Corriere ci vengono chiarite meglio le idee, da un articolo a firma Francesco Alberti, dal titolo:<< Comunicazione Concorsi e testimonial d’eccezione : Alex Zanardi e David Mixner, attivista e leader della comunità Lgbt. La svolta di Barilla, spot per l’inclusione. Diritti e responsabilità sociale nel nuovo progetto mondiale dopo la gaffe sugli omosessuali>>. Prima di proseguire nell’analisi di questo “caso” è giunto il momento di riprendere, sempre dall’articolo del Corriere, le parole pronunciate da Barilla e considerate una grave gaffe sugli omosessuali: <<Non farei mai uno spot con una famiglia omosessuale. Non per mancanza di rispetto, ma perché non la penso come loro: per noi, la famiglia è quella classica dove la donna ha un ruolo fondamentale>>. Partendo da questa frase è scoppiato l’inferno, che ha portato ad un repentino cambiamento di scenario: <<[…] Chi l’ha detto che gli scivoloni sono sempre una disgrazia? Dopo che con le sue dichiarazioni, aveva fatto infuriare le comunità gay di mezzo mondo, […] l’azienda è corsa ai ripari […] lo stesso presidente è andato a Canossa, incontrandosi a Bologna con i responsabili di Lgbt, capeggiati dal leader storico, Franco Grillini>>. Da qui è partito un piano di rieducazione globale di una multinazionale: partendo dal presidente proseguendo con tutto il personale e tutti coloro che vi ruotano intorno compresi i clienti. Ovvero: <<[…] Un vero e proprio piano su scala mondiale (con un occhio di riguardo al ghiotto mercato Usa) per fare della Barilla una delle punte avanzate lungo la frontiera della diversità […] Un progetto a tappe, che prenderà corpo nei prossimi mesi, ma le cui basi sono già state gettate. A cominciare dagli apporti esterni. Due nomi, la cui storia è tutto un programma in materia […] Uno è Alez Zanardi, ex pilota di formula uno che perse in un incidente l’uso delle gambe […] L’altro è lo satunitense David Mixner, attivista per i diritti civili e leader mondiale della comunità Lgbt: “Sono onorato, ha dichiarato, di far parte di questo progetto e apprezzo molto la volontà (sic) del presidente e della azienda di ascoltare ed imparare dai leader della comunità Lgbt”>>. Una autocritica e relativa rieducazione di staliniana memoria. Non possiamo che provare imbarazzo per il “povero” Guido Barilla. Rimane, come minimo, “curioso” l’abbinamento handicappati ed omosessuali,e rimane da chiarire un piccolo mistero. Se vi state chiedendo che cosa sia mai la comunità Lgbt, precisiamo subito che non si tratta di qualche sperduta popolazione amazzonica od australiana bisognosa di aiuto o protezione. Ci viene spiegato sempre sul Corriere in un articolo del 18 dicembre firmato da Gian Arturo Ferrari dal titolo: <<Linee guida sulla parità di genere Esagerazioni politicamente corrette>>. Ecco in breve la spiegazione: <<[…] Infatti “l’aggettivo saffico …richiama atmosfere lascive e seducenti, adatte a stuzzicare anche il lettore maschio”. Così almeno dettano le” Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone Lgbt” promulgate è il caso di dirlo, dall’Unar, Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, con il patrocinio (ahimè!) del Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio. Anziché il condannato saffica/o”, le Linee guida raccomandano l’uso di “lesbica/o” (non ignorando, ma considerando a quanto pare ininfluente che rimandino entrambi allo stesso soggetto, cioè la summenzionata Saffo)>>. Tiriamo un momento il fiato: non si tratta di uno scherzo, ribadiamo,  tutto questo è spiegato in un articolo del Corriere firmato Gian Arturo Ferrari. Ancora:<< Ma soprattutto invitano perentoriamente ad adottare il termine “ellegibiti” (Lgbt)  che sta per lesbica, gay, bisessuale, transgender. E anzi lamentano, con l’irritazione riservata agli scolari testoni, che molti si arredono davanti all’ermeticità dell’acronimo Lgbt, con il pretesto che non sanno che cosa voglia dire. […] I destinatari delle Linee guida, cioè i bisognosi di essere guidati, sono i giornalisti, […] Occorre una raddrizzata. […] Anche sull’uso delle immagini: quali metter e quali no, cari giornalisti. Basta esibizionismi ed ostentazioni da Gay pride. E attenzione! Soprattutto rispetto per “la lavoratrice del sesso trans”, ineffabile espressione in cui alcune figure rese familiari dalla cronaca si stagliano su uno sfondo di campi e di officine. […] Nelle Linee guida c’è il tono minaccioso del questurino, la matita blu che si avventa sugli strafalcioni, la minuta casistica del confessionale>>. Lasciamo il commento a quanto scritto da Sergio Romano in risposta alle lettere riportate all’inizio di Tamburi lontani: << […] Vi piacerebbe vivere in un Paese in cui chiunque osi dire in questa materia ciò che pensa è costretto a fare pubblica ammenda per le sue parole? A me no>>. Piccola coda: dal giornale del 17 novembre: sotto il titolo << Sospeso lo show di Alec Baldwin per insulti ai gay>>. Una “curiosa” notizia: <<La Nbc ha sospeso per due puntate il talk show che vede come conduttore l’attore Alec Baldwin beccato giovedì scorso a scacciare un fotografo appostato fuori dal suo appartamento a New York. A imbarazzare la Rete è stato il commento antigay dell’attore che ha definito l’uomo “checca succhia c….” prima di entrare in auto>>. Preso atto della “scarsa eleganza” verbale di Baldwin, ci permettiamo ci consigliargli per eventuali prossime occasioni, , per evitare guai,  solo a riferimenti sulla scarsa onorabilità della mamma dell’interlocutore…scusate volevo genitore uno o due (chissà se ci spiegheranno mai in quale ordine devono essere considerati).

Osceola*

(Nel 1828 il generale Andrew Jackson, democratico, fu eletto alla Presidenza degli Stati Uniti. […] nel 1829 egli varò la legge Removal Act, che stabiliva che tutti i nativi appartenenti alle cinque nazioni da più tempo in contatto con i bianchi e pertanto dette civilizzate […] dovessero essere allontanate dai territori dell’Est e risistemate nel lontano Ovest […] i Seminole resistettero con le armi. Guidati dal loro capo Osceola, in  Florida, essi condussero per anni un’abile e fortunata guerra che consentì loro di resistere fino al 1842 e guadagnò al loro capo il titolo di <Volpe delle Paludi>.[…] Solo quando Osceola fu catturato mediante un ignobile inganno e imprigionato a Fort  Moultrie i Seminole cessarono la resistenza e si trasferirono all’Ovest.)

RAIMONDO LURAGHI, Sul sentiero della guerra